Ultima modifica: 7 Marzo 2019
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Lettera aperta al direttore de La Nazione sull’articolo uscito ieri

Gentile Direttore,

ieri, martedì 5 marzo, la Scuola Secondaria E. Fermi e l’Istituto Comprensivo Nord sono balzati agli onori della cronaca per via di un articolo pubblicato all’interno della sezione locale del suo quotidiano per iniziativa di genitori rimasti anonimi. La prima reazione è stata di sorpresa e disappunto. Vedere la scuola accostata ad un’immagine negativa e inverosimile come suggerita da un titolo pieno di enfasi e da un incipit iperbolico (“Venti pagine da studiare al giorno di sei materie diverse. In totale 120 pagine da imparare a menadito per la mattina successiva”), non fa piacere. Ma non è mia intenzione commentare l’articolo, né tantomeno contrappormi a un diritto di cronaca che è fuori discussione.

Un’immagine negativa, dicevo, persino ingiusta perché non rende merito dell’impegno e della serietà dei docenti e del personale ata che nella scuola lavora, né tantomeno della bontà dell’esperienza scolastica che i ragazzi e le ragazze e i loro genitori vi compiono. L’impressione, come spesso accade, è che si sia volutamente cercata la notizia, laddove sarebbe stato normale e preferibile una comunicazione diretta come quasi quotidianamente da noi avviene. Ritengo infatti che la scuola sia un qualcosa di più e di prioritario rispetto ad una qualsiasi piazza mediatica. La scuola è innanzitutto un fatto di popolo, una comunità di persone che dialoga non in modo virtuale ed episodico, ma reale e prolungato: è in questo spazio che si sarebbe auspicato un incontro, un confronto. L’offerta comunque rimane.

Pur spiacevole, l’occasione offre lo spunto per considerazioni su temi importanti, in primo luogo su quello tanto dibattuto dei compiti scolastici e dello studio individuale. E’ tema questo squisitamente pedagogico e per forza di cose complesso, non isolabile dalla definizione del ruolo dell’istituzione scolastica e della sua funzione educativa oggi. La sensazione, ricavabile anche dall’articolo, è quella di una contraddizione irrisolta: da una parte si proclama l’importanza della scuola e dello studio, dall’altra si finisce col metterli in coda a tutta una serie di esigenze ritenute evidentemente prevalenti.

Sul ruolo della scuola e sulla sua funzione educativa in generale ritengo che una scuola ‘facile’ e che banalizzi il sapere e che non ponga sfide e obiettivi alti non serva a nessuno, in primo luogo agli studenti che devono diventare persone adulte. Serve invece una scuola esigente, che richieda impegno, non piccolo, una scuola che metta alla prova. Serve certamente una scuola attenta ai differenti bisogni a garanzia del successo formativo di tutti gli alunni in un rapporto equilibrato e funzionale tra quello che dà e quello che chiede. E servono insegnanti appassionati nelle loro ore di lezione capaci di promuovere apprendimenti significativi e di riconoscere il merito di alunni motivati e sostenuti a dare il meglio di loro stessi. Serve infine una scuola impegnata a rinnovarsi nelle metodologie e nell’organizzazione nella convinzione che un modello didattico e relazionale è definitivamente rotto, quello basato unicamente o prevalentemente sulla trasmissione unidirezionale del sapere. La scuola secondaria E. Fermi, Direttore, è tutto questo non quella che scaturisce dall’immagine semplificata e caricaturale dell’articolo. E’ comunità impegnata a dare spessore all’autonomia che le è riconosciuta e ad un progetto didattico in cui si coltivano dimensioni della critica, della ricerca, della sperimentazione, dell’innovazione.

Qui si inserisce il discorso dei compiti. Il mio pensiero è che lo studio individuale sia attività tutt’altro che accessoria e opzionale, ma al contrario necessaria e fondamentale per acquisire un metodo di studio personale e un senso di autoefficacia che è utile al momento e per il proseguimento degli studi. E’ un momento in cui si esercitano in modo più autonomo quelle conoscenze e abilità che si sono cominciate ad apprendere a scuola oppure fuori da essa. Mi verrebbero da citare autori illustri, da Eco, a Calvino, a Kapuscinski, a Pennac, circa l’importanza dello studio e della cura della memoria individuale come garanzia del mantenimento di quella collettiva, ma mi astengo per ragioni di brevità. Qui il discorso potrebbe allargarsi al rapporto col libro e con la lettura, soprattutto quella dedicata a testi lunghi e all’opinione di esperti che la ritengono utile persino nell’educare alla pazienza, nell’allenare l’attenzione e la gestione di obiettivi a largo raggio. Si potrebbe parlare infine dell’incidenza delle nuove tecnologie in particolare sui giovani e al misto di opportunità e rischi che tali mezzi rappresentano per la formazione di abilità sociali e cognitive.

Concludo dicendo che sull’insieme degli argomenti toccati dall’articolo sia in modo esplicito che implicito dichiaro l’interesse, l’impegno e la disponibilità mia personale e di tutto l’istituto a promuovere ogni utile occasione di confronto e di scambio in linea con un’idea di comunità professionale che interagisce con la più ampia comunità sociale. Che è un’idea a me particolarmente cara.

Cordialmente

 

Ds Riccardo Fattori

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