Ultima modifica: 21 Settembre 2019
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9 Settembre 2019 – Corso di formazione “Insegnare e valutare per sviluppare competenze” tenuto dalla Prof.ssa Carlini

Se c’è una cosa che rimarrà dell’incontro del 9 settembre con Antonia Carlini, oltre al già pubblicizzato percorso e in attesa dei suoi esiti, è il suo stile comunicativo e relazionale. Con questo, oltre che con le parole e le idee, ha voluto probabilmente dare testimonianza ‘fisica’ di quello che dovrebbe essere secondo lei il docente in aula e anche fuori: dinamico, appassionato e capace di appassionare, competente e padrone dei mezzi che usa, attento ai bisogni di tutti e agli interessi di ciascuno, sia del gruppo che del singolo. Dico così perché altrimenti non si spiega come siano passate in modo filato tre ore più l’aggiunta pomeridiana, in un silenzio che non sempre si dà nelle nostre riunioni collegiali. Magari si può dire che è stato tutto un po’ troppo concentrato (per esigenze di copione, ndr), ma anche che c’è stato un ascolto partecipato, che le cose proferite hanno toccato angoli vivi del nostro agire professionale e che hanno suscitato domande, richiami, riflessioni importanti. Con brevi frasi-slogan e andando a braccio e a memoria, cercherò allora di riassumere e di rivivere questo insieme di cose pedagogiche. Dunque: 
“Erik, il ragazzo rom, l’alunno problematico”;
“Conoscere Erik e personalizzare per lui l’insegnamento”;
“Modulare l’insegnamento sulle esigenze di ciascuno e non sui dettami di un ‘programma’ che non esiste”;
Essenzializzare le discipline”;
“Non esiste un ‘programma’ da completare, ma competenze da formare”; 
“Dare spazio ai laboratori, al protagonismo degli alunni e un occhio al bisogno di autostima di questi (“Questo l’ho fatto io! dice Erik all’Esame di Stato”)”;
“Si può anche fare una lezione frontale se con questa si riesce a mettere in moto il cervello di chi ascolta”;
“Le nuove tecnologie sono utili se riescono o concorrono a determinare un cambiamento nelle relazioni tra docente e alunno. Altrimenti anche no’;
“Non esiste un programma da completare o da svolgere rispetto al quale possa dichiarami ‘in ritardo’”;
“Esistono competenze da formare e valutare e compiti di realtà da costruire“; 
”Le competenze sono spazi di incontro tra le discipline e tra i campi d’esperienza”; 
“Abilità, conoscenze e soprattutto atteggiamenti da formare”;
“Didattica attiva e sfidante”; 
“Gli alunni meno portati allo studio teorico, ma con spiccata personalità, se non didatticamente sfidati ci sfidano sul piano del ruolo. E sono guai”; 
“Insegnante come guida, come regista, come organizzatore, come motivatore”;
“Le Indicazioni Nazionali come strumento da cui derivare i curricoli disciplinari con i loro nuclei fondanti”;
“Una valutazione orientata ai processi, non solo ai risultati”;
“Compiti autentici e rubriche come base della valutazione formativa”.
Mi piacerebbe che l’elenco continuasse con il contributo di altri, ma non si può. Ci saranno comunque occasioni durante il percorso in cui dare concretezza e condivisione a queste e ad altre idee. 
In attesa di rivederla a giugno del prossimo anno mi sembra che la nostra formatrice, oltre alle suggestioni che precedono e agli strumenti presentati, abbia voluto fare un tacito appello al lato più umano di ciascuno di noi, a dimostrare sempre nelle scelte che si compiono nel qui e ora quotidiano dentro e fuori dall’aula, coraggio, altruismo e fantasia  (libera citazione da F. De Gregori, La leva calcistica del ’68 da Titanic, RCA, 1982).
(Riccardo Fattori)
 
 
 
 
 
 

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